Passeggiate alla scoperta di un antico paesaggio agrario, di ambienti rurali, di nuovi panorami, di agavi e fichi d’India: brevi escursioni possono compiersi per stradelli.
L’archeologia subacquea offre una straordinaria ricchezza, che i pirati delle anfore conoscono molto bene. Numerose sono le navi onerarie che giacciono sui fondali delle isole Pontine. L’archeologia subacquea traccia una mappa storica dell’evolversi dei commerci e delle provenienze delle merci trasportate: dal vino nostrano all’olio spagnolo, dalla salsa di pesce ai datteri africani. Sui fondali si trovano anche ricordi delle guerre mondiali: il relitto del “Corriere di Ponza” , silurato da un sottomarino tedesco il 21 marzo 1918 nel mare di Zannone; il relitto di una nave da trasporto americana, affondata da una tempesta nel marzo 1944 presso la costa di Ponza a Punta del Papa.
La struttura di Ponza è sostanzialmente settecentesca: risale, infatti, al periodo della colonizzazione borbonica, che ebbe inizio nella metà del Settecento con l’arrivo delle prime famiglie ischitane e, successivamente, Procidane. L’elemento primario del nucleo urbano è il porto, attorno al quale ruotano la vita economica e l’organizzazione della città. La Torre che domina la Rada di Ponza fu ricostruita a cominciare dal 1556 sui ruderi di una precedente costruzione d’epoca romana. A decretarne il recupero e la riedificazione fu Papa Sisto IV, che volle dotare l’isola di un’opera militare che meglio la tutelasse dagli attacchi dei pirati.
Solo molti anni dopo, e grazie ai Borboni, la Torre assunse l’attuale configurazione. La grande costruzione era dotata inoltre di un ospedale che si sviluppava su due piani e conteneva svariate celle carcerarie. La grande cisterna idrica d’epoca romana presenta l’imboccatura centrale a quattro metri sotto il livello della strada provinciale. Essa venne scavata nel fianco del monte e in parte ricoperta di cemento e di opus reticolarum. È quella meglio conservata delle tante che sono disseminate sull’isola. È a tre navate e risale al I° secolo della nostra era.
Molte leggende si raccontano intorno all’impianto che era tutto istoriato di mosaici quasi intatti fino ai primi anni del 900. La più famosa è quella dell’esistenza di un mitico serpente che viveva, eternamente sveglio, a guardia di un tesoro preziosissimo. Si narra anche dell’esistenza di un cane nero che seguiva silenziosamente chiunque si avventurasse negli ampi e scuri ambienti, così come dell’impossibilità di tenere acceso qualsiasi fuoco che servisse per fare un po’ di luce, perché immancabilmente spento da un soffio maligno. In epoca moderna, il primo a studiare la Grotta del Serpente è stato l’archeologo Amedeo Maturi che nel 1926 rilevò sia la cisterna che i resti di un’imponente villa di epoca imperiale, oggi in gran parte interrata.