Racconti di Stracquo (4) – di Gianco (detto Antonio Aversano) –
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Modestamente, qualche stracquo da raccontare ce lo avrei anch’io; niente di artistico e neanche del tutto ponzese, dal momento che all’epoca la mia famiglia viveva stabilmente a Palmarola.
Il primo stracquo è avvenuto nel’44 – io non ero ancora nato – e ne ha già scritto Mimma Califano .
Mio padre sta pescando al largo del faraglione di san Silverio quando avvista due uomini in mare. Sono tedeschi, si sono paracadutati appena prima che il loro aereo si inabissasse (non sarà mai ritrovato, probabilmente è insabbiato); vengono issati a bordo, in qualche modo fanno capire che vorrebbero raggiungere la terraferma: in barca a remi! Mio padre li porta a Ponza e li consegna al maresciallo dei carabinieri, il quale gli rimprovera energicamente di non aver provveduto, per prima cosa, a disarmarli. All’epoca, appena dopo la guerra, i ritrovamenti di corpi umani in mare – in genere cadaveri- erano frequenti, ed era previsto un compenso per chi li recuperava; scarpe e soldi, come ricorda Sandro Vitiello, venivano sfilati senza pensarci due volte; lo stesso accadeva con l’anello o la fede, se presenti, ma in tal caso bisognava amputare le dita: erano tempi di fame, in senso letterale, e quei pochi grammi d’oro avrebbero contribuito alla sopravvivenza.
Palmarola, con Zannone, costituiva il principale rifornimento di legna per Ponza; mio padre trasportava carichi di vastaccetti e di tronchi di lecci; sennonché, una volta, la barca si cappottò appena sotto il Fieno e il carico andò perso o per meglio dire, come la Mostra in corso insegna, “stracquò” e passò a nuova vita; per fortuna il barcaiolo non stracquò e continuò la sua solita vita.
Cinquant’anni fa Palmarola era un’oasi semideserta per quasi tutto l’anno, che però si affollava nella stagione di caccia; la caccia alle zoccole, gigantesche, invece, era aperta tutto l’anno e prevedeva l’uso di trappole di ogni genere. Io scorrazzavo libero e felice e, quando la mia famiglia doveva tornare a Ponza per qualche giorno, preferivo restare a Palmarola, affidato alla vicina di casa Zi’ Maria Candia.
La comunicazione, sull’isola e con le barche di passaggio, avveniva per mezzo delle tofe che, notoriamente, non hanno problemi di campo e di batteria e consentono chiamate illimitate a zero centesimi.
Tofa (Charonia tritonis)
Fonte: Ponza Racconta – http://www.ponzaracconta.it/2014/04/02/cronache-dalla-stracquo-13-gli-stracqui-di-gianco/