Continua il nostro appuntamento con la biografia di Mons.Luigi Maria Dies. Ecco la quarta puntata:
5. Verso la fine del primo periodo ponzese
Il viaggio in America segna il punto di massima popolarità di Dies . Nello stesso tempo esso da la stura ad una serie di accuse sull’utilizzazione dei fondi provenienti dagli emigrati e consegnate al parroco. A tale proposito attingiamo ancora una volta da All’isola di Ponza di Silverio Corvisieri, che parlando di Dies dice:”… Un grande rilievo il parroco dava alla generosità dei ponzesi e degli emigrati che colmavano il santo di denaro e gioielli. Non accennò mai, però, alle polemiche che in varie occasioni si accesero a Ponza sulla utilizzazione di queste somme.Corsero a volte accuse molto pesanti, anche a carico di don Luigi Maria Dies; nessuno però potè mai portare prove decisive a sostegno delle voci persistenti.” Le maldicenze ed illazioni che circolavano in quel periodo tra i parrocchiani furono, quasi certamente, alimentate dagli avversari politici, che non erano solo gli “odiati” socialcomunisti. Anzi le maldicenze, che fecero più male al parroco furono quelle provenienti dai suoi “amici” di partito.
Nell’immediato dopoguerra le prime elezioni furono vinte da una lista sostenuta anche da Dies. Fu eletto sindaco in un primo tempo il liberale Giuseppe Di Monaco, che poi passo la mano a Vincenzo Mattera. Anche il Mattera non durò a lungo e “…si dimise perché non sapeva se accontentare il parroco oppure il segretario locale della Democrazia Cristiana che si contendevano il dominio dell’isola…” dice Luigi Sandolo nel suo lavoro Ponza nel suo passato trimillenario. Si arrivò alle nuove elezioni del 1952 dopo un periodo durante il quale il Comune fu guidato dal Cesare De Luca in qualità di Commissario.
Nel 1952 una lista civica capeggiata dal Dr. Francesco Sandolo, fortemente sostenuta dal Deputato Ezio Coppa, ponzese, Professore ordinario di medicina del lavoro a Napoli, vinse le elezioni. Dopo alcune, traversie giudiziarie Sandolo decise di abbracciare la croce della Democrazia Cristiana, e le sue “complicazioni” giudiziarie come per incanto cessarono . La Democrazia Cristiana rimase al potere fino al 1975.
Anche per le tossine della politica che alimentavano le maldicenze sull’uso dei dollari delle offerte americane, tra il popolo e don Luigi lentamente si scavò un solco, che il carattere un po’ permaloso di don Luigi, non contribuì a colmare.
Come spesso accade in comunità ristrette numericamente e territorialmente come la nostra, anche le cose buone vengono spacciate per cattive, senza dover usare particolari mezzi di comunicazione. Basta il lieve venticello della calunnia.
Vediamo come ci racconta un episodio sintomatico Luca Dies nella sua ponderosa tesi di laurea del 2000 intitolata :
Il canzoniere postumo di Mons. Luigi Maria Dies (1912- 1973) attraverso le fonti scritte e la tradizione orale:
“”Un’ulteriore conferma di questo peggioramento viene anche dalle lettere di due giovani studenti a Roma, che colgono segni di stanchezza anche nel rapporto del parroco con i giovani. Don Luigi Dies ebbe l’idea di istituire un fondo del quale si sarebbe fatto carico l’intera comunità e con il quale si sarebbe premiato l’impegno scolastico degli studenti più meritevoli e meno abbienti.
Infatti, nonostante dal 1954 fosse funzionante sull’isola una scuola di avviamento professionale di tipo marittimo, per chi avesse voluto proseguire seriamente gli studi era comunque necessario andare via da Ponza, e ben pochi avevano i mezzi per farlo. Il progetto, presentato sul bollettino parrocchiale, era come al solito semplice e concreto:
In onore do S. Silverio quest’anno (1958 n.d.a) vogliamo costituire un fondo sufficiente
a mantenere in continente, presso l’Istituto Nautico, il migliore dei nostri giovani
studenti che si licenzierà in prima sessione […] Parola d’ordine sarà:Una batteria in
meno e un’opera buona in più!
L’iniziativa ottenne sicuramente molte adesioni – prosegue Luca Dies – se pensiamo che furono due giovani che poterono frequentare le lezioni di una scuola professionale di Roma, a partire dal dicembre di quello stesso anno( Silvano Conte e Francesco Costanzo n.d.a). questo fatto fu però causa di gelosie e rancori da parte di chi si riteneva ingiustamente trascurato, così che il rapporto con i giovani, secondo quanto scrive al parroco Silvano Conte il 28 aprile 1959, ne risentì al punto che molti si allontanarono dalla parrocchia:… mi rende molto triste la notizia che i giovani non vengono più da voi per la nostra gelosia. Mi dispiace molto che degli amici che io stimavo molto giungessero a tanto…
Gli adulti lo avevano deluso e alla fine anche i giovani gli avevano voltato le spalle. “”
E’ singolare come spesso una buona idea si ritorce contro chi con coraggio la mette in atto con tutte le possibilità di errore che ha in se l’idea. Non è osteggiato chi non assume iniziative! A questo punto vorrei citare un passo scritto da Ernesto Prudente in un capitoletto dedicato a Dies nel suo lavoro intitolato L’ombra(1999):
“” Per dare vivezza ad una figura, ad un personaggio, è necessario mettere in luce le sue qualità umane che si traducono in quei pregi e quei difetti di cui il soggetto interessato è dotato. Pregi e difetti che sono insiti, in egual misura, in ogni essere umano. Non c’è amico che abbia solo pregi come non esiste nemico corredato di soli difetti.
Fu proprio lui, Luigi M. Dies, a inculcarmi questo principio.
Lo dedussi da un suo racconto. Venne chiamato a testimoniare in un processo intentato contro Antonio Feola (Totonno primo, per gli anziani) e mentre raccontava la vita di quest’uomo, a cui Ponza deve molto, venne interrotto dal presidente del tribunale che gli disse: “ma di quest’uomo elencate soli i pregi”: Ed egli, di rimando, “Signor presidente, per poter giudicare saggiamente e con imparzialità un individuo è necessario conoscere pecche e virtù. Nel grosso fascicolo che avete davanti ci sono soltanto le colpe, ecco perché io vi elenco i meriti”.
Luigi M. Dies era un personaggio con tutti i difetti e tutti pregi degli uomini grandi.
Mettendo su i due piatti della bilancia le sue doti, le sue qualità, negative e positive, quello concernente il buono avrebbe una preponderanza enorme.
Luigi Dies non è stato un uomo facile, un uomo esente da critiche.
E’ stato un albero che ha germogliato tanti fiori che hanno prodotto tanti frutti. Alcuni sono rimasti acerbi, altri tanti altri, sono maturati. Chi ha colto e mangiato quelli maturi si è irrobustito. Chi, invece, ha addentato quello acerbo si è abbeverato alla fonte del pettegolezzo.
Luigi Dies è stato, a mio parere, un maestro. Un maestro e un amico sempre pronto e disponibile ad accoglierti e svelarti con slancio giovanile, i suoi consigli, i suoi progetti, i suoi impegni, le sue ansie, le sue critiche.””
Continua Prudente: “”…Sono partito dai suoi difetti… Nonostante ciò è stato un gigante che si staglia netto nella storia di Ponza di quel periodo. Un personaggio a cui Ponza moderna deve molto. Era un uomo di vasta cultura e di una affascinante ed elegante oratoria. La sua viva intelligenza, la sua disponibilità d’animo, la sua capacità di essere ottimista, anche nella bufera, lo resero attore protagonista del suo periodo storico.
Per chi ebbe, come me, il piacere di conoscerlo e di frequentarlo, anche se non mancarono litigi strepitosi, rimaneva un punto di riferimento obbligato.
Cosa non fece per quei giovani tanto sparpagliati. Per quei ragazzi tanto difficili, di cui anch’io facevo parte.
Fu un punto di aggregazione perché aveva la capacità di capire l’animo dei ragazzi, dei giovani, con i quali ebbe sempre un rapporto aperto, cordiale, vivo ed amichevole.””
I dissapori con alcuni giovani – peraltro umorali – degli ultimi tempi non intaccano minimamente l’opera di Dies, secondo me, per due motivi .
Il primo è che come abbiamo già detto quelle incomprensioni nascevano in fondo dal tentativo di fare una cosa buona, anzi ottima, ma che si scontrò con l’umana gelosia, alimentata dal rapporto che Dies aveva con i padroni del vapore di Ponza.
A tale proposito citiamo ancora Prudente:
“”…Venne aspramente lottato perché la sua caratura, imponente, era diventata uno scudo contro quei taglieggiatori che razziavano l’isola. “”
Il secondo è che Dies era, oltre che stanco, malato.
Si portava dietro da alcuni anni una grave forma di larigite, a cui il clima umido di Ponza non giovava. Agli inizi del 1959 ebbe diverse ricadute che lo costrinsero a periodi di completa inattività.
In un quadro deteriorato moralmente e fisicamente decise di ascoltare il consiglio del Prof. Galeazzi Lisi, archiatra del Papa, frequentatore di Ponza e amico di don Luigi e chiede all’Arcivescovo di Gaeta di poter lasciare l’isola e la parrocchia:
(lettera del 18 aprile 1959) …Come l’Ecc. V. ben ricorda, sono almeno cinque anni che rilevo al mio Padre, il Vescovo, i diturbi che mi mortificano, per i quali ho chiesto, fino ad annoiarla, un trasferimento… pregando l’Ecc. V. Rev.ma che mi accordi come paterno benservito, la grazia di curarmi e guarire presso i “samaritani”, giacchè i “giudei” non mi sopportano……
Viene accontentato e a Luglio lasciò Ponza!
Prima di continuare il racconto degli anni dell’esilio e del ritorno a Ponza, facciamo una piccola digressione e parliamo di uno dei “capolavori” di Dies: l’Immacolata, anche perchè oggi è l’8 dicembre.
6. L’Immacolata Concezione
Maria Candida Conte, professoressa di Storia dell’Arte a Podova, ponzese, che ha vissuto in pienezza il primo periodo ponzese di Dies, qualche tempo fa mi fece dono di un suo lavoro sono intitolato “Ponza, Tradizioni da non perdere”. In esso sono raccontati con semplicità ed immediatezza i ricordi delle “feste tradizionali isolane”. Tra queste c’è la festa dell’Immacolata, mi piace iniziare questo capitoletto sull’Immacolata con le sue parole: “ …8 Dicembre festa dell’IMMACOLATA CONCEZIONE. E’ forse, la tradizione di cui parlo più volentieri, perché è quella che ne ha conservata, almeno una, intatta:unica variante, la partecipazione di soli giovani, maschi, mentre, inizialmente, ai tempi dell’Azione Cattolica, a Ponza (ora non si sa più neppure cosa sia) era di ragazzi e ragazze. La novena in preparazione della Festa era più che solenne:l’indimenticabile mons. Dies sapeva suonare l’organo, cantare, comporre canzoni melodiose e le insegnava a noi ragazzi, facevamo a gara per recarci in chiesa e seguire le funzioni. Ci sentivamo importanti, perché ci riservava tutta una parte della chiesa, accanto a Lui…..La vigilia, in chiesa, nel pomeriggio ci esibivamo in una rappresentazione che don Dies aveva denominato Accademia, con canti, musiche, poesie, tutto in onore della Madonna. Siccome era un buontempone, non mancava qualche battuta comica, qualche risata. All’alba dell’8 dicembre, quando in cielo brillavano ancora le stelle, ci trovavamo sul sagrato della chiesa, infreddoliti ma contenti, per iniziare la cantata attraverso le vie di Ponza, che ricordava ai fedeli che quello che stava per incominciare era un gran giorno. Il parroco con uno scarpone attorno al collo, per proteggere la sua preziosa ugola ( soffriva di una laringite cronica, il freddo umido del mattino non gli giovava n.d.a.), dava inizio alle canzoni inframmezzate da preghiere: “Comm’è santa sta’ iurnata, è ‘a Madonna Mmacolata…”: questo il ritornello e poi, Ave Maria, stella del mare, e, poi Dell’aurora tu sorgi più bella… e tante, tante altre, che restano nel cuore di chi le ha sentite nell’infanzia, nella gioventù”… e in quell’atmosfera magica, aggiungo io.
E’ difficile trasmettere con delle semplici parole il fascino, le emozioni della festa dell’Immacolata a Ponza, almeno della festa così come l’ha impostata don Luigi Dies, che della Madonna, in generale e dell’Immacolata in particolare era come dire, grandissimo tifoso? No! Forse la parola giusta è: innamorato. Di un amore trascendente, credo che lui sublimasse quest’amore , e ce l’ha trasmesso a noi tutti, suoi “discepoli” in maniera totale e pregnante tant’è che ancora oggi, ad oltre 70 dall’inizio della tradizione delle celebrazioni immacolatine, noi tutti ci portiamo dietro questo amore mariano che in qualche misura siamo anche riusciti a trasmettere ai nostri figli.
Dicevo difficile trasferire le emozioni che per “noi dell’Immacolata” significano l’8 dicembre, secondo me c’è riuscito in maniera perfetta Franco De Luca, poeta dialettale maggiore dell’isola, uno dei “figli spirituali” di don Luigi, in questa lirica che mi piace trascrivere per intero:
Nuie d’a Mmaculata
Ind ‘a chiesa già aspetteno
i primme venute:
Aniello, Vittorio, Luigi,
sò lloro c’hanno araputo.
Fore, ll’ aria è fredda,
e nu poco d’ acquazzenella
ce fa trasì dinto
comme tante pasturielle.
A Madonna ancora nun è preparata:
aspettammo a Sirverio ‘i Maurino
pe piglià a ind ‘ u tesoro
a corona d ‘ oro.
Parimmo tante sfrantummate:
i giaccune abbuttunate fino a sotto u cuollo,
i sciarpe arravugliate,
na facia ‘ i chi s ‘ è ‘a poco scetato.
Po’ trase Biaggino,
e tutte u guardammo,
p ‘ u fermà
primma ca quaccosa combina.
Antonio, Vastiano, u frate Sirverio.
Nun pare avero
ma a chiesa se ienche:
‘ a into fino a fore
nu squadrone d ‘uommene
piglieno posto se saluteno,
se parleno mute.
‘ A quant ‘anne
facimmo st ‘opera!
Paresse aiere ca u paricchiano
ce guidava
e nuie aret ‘ a isso
ca cantava.
Po’, cu ll’ anne ce simmo sparpagliate,
comme a necessità ha vuluto,
ma ogge,
nun ce putimmo scurdà
ca pe nuie a Madonna
è stata a gioia ‘i cresce nsieme,
e chesta ricchezza
nun vene meno.
E quanno Aniello ntona:
chesta è santa sta iurnata,
tutte quante nuie
addeventammo na brigata.
Nce stanno divisioni,
nce stanno appicceche:
simme nu coro
ca insieme canta:immobile sul polo del mio cuore.
Ie guardo Antonio,
Antonio guarda a me,
Gianfranco, Giannino,
Franco, Tummasino,
Cesare, Salvatore
pe tutte a stessa commozione
stregne u core
e pel l ‘ uocchie
na lacrima vera
ca nun se po ‘ nasconne,
scenne
e ce cunzola.
Cagne a vita
e cagneno i condizione;
ll ‘ osse se ncriccheno
e s’ avasce a pressione
ma ll’ otto ‘i dicembre
tutte respunnimmo a chiamata,
simme tutte presente,
pure si struppiate.
“Tonì… suone ll’ organo
Comme sai fa tu.
Ind ‘ a stu tota pulcra
trovammo ancora na vota
u calore, a speranza, a gioventù.
Chisto è l ‘ impegno
c ‘ a Madonna ha lasciato
a nuie
ca simme i giuvene d ‘a Mmaculata
Uno dei primi ricordi della mia vita è questo: La mattina dell’Immacolata, credo del 1950, avevo 5 anni, aspettavo tutto imbacuccato l’arrivo del gruppo dei cantori mattutini guidati dal parroco, sul corso Pisacane, davanti alla casa della nonna Civita Andreozzi, che pochi giorni dopo morì. Mia madre mi affidò a don Luigi, il quale mi disse: “Vieni qua,vicino a me, mi farai da bastone!” Ed appoggiò la sua mano sulla mia spalla. Poi aggiunse, dopo aver sentito le mie prime note di “Cheste è santa sta’ iurnata…” “ Stai attento a me e canta a bassa voce… tu devi fare il mio bastone”. Era un modo garbato per dire che ero stonato! Ma nonostante ciò all’Immacolata andrò a stonare finchè ne avrò la forza. Comunque stiamo parlando del 1950, ma quando è cominciata la “leggenda” dell’Immacolata che ancora oggi coinvolge centinaia di uomini? (tantissimi se si cionsidera la popolazione effettivamente residente sull’isola in quel periodo dell’anno) Purtroppo non siamo riusciti a risalire con precisione all’anno dell’inizio. Nulla di scritto è stato finora ritrovato sull’argomento. Diversi ricordi propendono per il 1941/42. Maria Conte nei suoi ricordi dice che agli inizi la cantata mattutina era mista. Cioè partecipavano ragazzi e ragazze. I miei ricordi non corrispondono, ai miei tempi in giro per il paese a cantare ci andavano solo ed esclusivamente maschi di ogni età ma maschi. Mi sono sempre chiesto, quando don Luigi ormai non c’era più, il perché di questa “stranezza”, La vulgata mi ha risposto che si trattava di un sistema escogitato da don Luigi (la cantata in notturno e la messa alle prime luci dell’alba) per coinvolgere tutti gli uomini del paese e non farli “vergognare” di fare certe pratiche cattoliche che avrebbero potuto creare loro qualche imbarazzo. Adesso a distanza di tempo ed analizzando in maniera critica la vita di don Luigi, ritengo plausibile l’ipotesi che la presenza dei soli uomini impegnati in lodi a Maria, in ora antelucana, sia stata voluta dal parroco, per coinvolgere giovani “rossi” o che poi sarebbero stati “sfottuti” dai socialcomusti isolani, durante gli anni dell’immediato dopoguerra, quando lo scontro tra le fazioni politiche era molto acceso.
Bisogna dire che durante il periodo di circa 10 anni , tra il 1959 ed il 1969, in cui Dies fu lontano da Ponza, la tradizione della cantata mattutina dell’Immacolata ha rischiato di morire. Bisogna dare atto ad un gruppetto di ultrà , primi tra tutti, Aniello De Luca Jr, Luigi Ambrosino, “Vastiano” e Silverio Spignesi e pochissimi altri, se la tradizione è sopravvissuta a quegli anni, ed oggi più salda che mai. Negli anni ottanta è venuto a darci man forte in questo nostro appuntamento magistralmente descritto da Franco De Luca, nella lirica avanti riportata, un prete Agostiniano : Don Raimondo, cappellano militare dell’aeronautica militare di Latina. Fu una grazia che dobbiamo a Vittorio Spignesi, discepolo di Don Luigi del secondo periodo ponzese, quello finale. La presenza di don Raimondo tra noi ci ha rafforzato nella fede mariana.
Continua