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Il resto di niente: Lenòr - Ass. Cala Felci

Il resto di niente: Lenòr

di Rita Bosso

La protagonista del romanzo Il resto di niente di Enzo Striano è Lenòr (Eleonora) Pimentel Fonseca. Nasce a Roma nel 1752 da famiglia della nobiltà portoghese.

Questo fotogramma e i seguenti sono tratti dal film Il resto di niente, girato dalla regista Antonietta De Lillo nel 2004

Lenòr trascorre i primi anni di vita in un’abitazione di via di Ripetta, a Roma, poi la famiglia si trasferisce a Napoli. Nel corso del lungo viaggio, Lenòr scorge in lontananza Ponza e Ventotene: “All’orizzonte, tra sottili vapori di foschia celeste, navigavano isole.”

A Napoli, nella casa di via Santa Teresella degli Spagnoli, lo zio le insegna il greco, il latino e alcune lingue moderne. Lenòr mostra talento di poetessa.

 

Lenòr è ammessa all’Accademia dei Filateti e, successivamente, all’Arcadia. Frequenta i salotti di Gaetano Filangieri e dei Serra; viene a contatto con gli ambienti dell’Illuminismo napoletano.

Compone un epitalamio per le nozze del re Ferdinando con Maria Carolina d’Austria; è ricevuta a corte.

 

Lenòr sposa Pasquale Tria, tenente dell’esercito; nasce un figlio, Francesco, che muore in fasce. Il matrimonio è infelice.

Lenòr si separa dal marito. Oramai è sola. Riorganizza a fatica la propria esistenza; chiede un sussidio al re. Stringe un legame di profonda amicizia con il giovane Gennaro Serra.

A Napoli giungono gli echi della Rivoluzione Francese; Lenòr frequenta gli ambienti filo-francesi e repubblicani. Durante un ricevimento a Palazzo Reale, Lenòr e Gennaro Serra lasciano alcune copie della costituzione francese del ’91.

I sovrani avvertono che il trono è in pericolo e si irrigidiscono; Maria Carolina è scossa per la morte della sorella Maria Antonietta, ghigliottinata a Parigi.

Lenòr  viene prima privata del sussidio, poi incarcerata nel carcere della Vicarìa con l’accusa di giacobinismo. Napoli, alleata con gli Inglesi, entra in guerra contro la Francia; re Ferdinando abbandona la città. I lazzari, sostenitori della monarchia, assaltano il carcere della Vicaria e liberano i prigionieri; Lenòr riconquista la libertà.

Nel 1799 Lenòr presenzia alla presa di Castel Sant’Elmo. Dagli spalti, i repubblicani aprono il fuoco sulla città. Lenòr osserva col cannocchiale.
Il 23 gennaio 1799 viene proclamata la Repubblica Napoletana, appoggiata dai Francesi; Lenor fonda il Monitore Napolitano, giornale ufficiale del governo. Nell’odierna Piazza Plebiscito è eretto l’albero della libertà.
Viene elaborata una Costituzione.

Il governo repubblicano ha vita breve e difficile: manca il sostegno popolare, il cardinale Ruffo organizza le forze fedeli al re. È guerra civile tra i repubblicani (li Giacobbe) e i lazzari, monarchici; i primi sono sostenuti dalla Francia, i secondi dagli Inglesi, al comando di Nelson.

A giugno, i monarchici riconquistano Napoli. A luglio la Repubblica è dichiarata decaduta e i suoi sostenitori sono processati. La repressione della monarchia è feroce: vengono pronunciate 124 sentenze di condanna a morte e numerose condanne all’ergastolo, alla deportazione, all’esilio.

Lenòr è condannata a morte; sul patibolo, in piazza Mercato, cita Virgilio: Forsan et haec olim meminisse iuvabit (Forse un giorno anche queste cose piacerà ricordare).

Il portone di Palazzo Serra a Montedidio viene sprangato definitivamente, in segno di lutto per l’esecuzione del giovane Gennaro Serra e degli altri repubblicani.

 

 

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