La Chiesa della Santissima Trinità in una foto dell’archivio Biagio D’Arco, anteriore al 1940.
L’edificio fu costruito nel 1785 su progetto di Francesco Carpi; nel 1778 il vescovo Carlo Pergamo consacrò l’altare maggiore. La chiesa era di stampo neoclassico: pianta centrale, copertura a cupola, pronao a quattro colonne sormontato da un timpano triangolare.
Una pagina del diario di Dies si riferisce alla fase dell’ampliamento.
Il Parroco informa le autorità (podestà, maresciallo dei carabinieri, commissario prefettizio) ma, soprattutto, coinvolge la popolazione, a cui chiede preghiere e collaborazione. La partecipazione è entusiastica e fattiva: tutti partecipano al trasporto delle pietre dal Bagno Vecchio, chi ha capacità di dipingere si dedica alla decorazione delle pareti.
Dies,appena arrivato comincia a pensare all’ampliamento della chiesa della SS. Trinità, dedicata ai Santi Silverio e Domitilla, patroni dell’isola di Ponza.
La chiesa, come il porto, il corso, il municipio e tutto il “foro “, era opera della colonizzazione Borbonica dell’isola a partire dal 1738. La chiesa del 1775 a pianta circolare, ma di modeste dimensioni, non rispondeva più alle nuove esigenze e don Luigi pensò di ampliare la chiesa. facendo diventare…”la rotonda il centro di una croce latina coll’innestarvi il braccio più lungo antistante, come navata principale”……”il primo passo bastò” Il pronao fu chiuso e inglobato nella navata. La scalinata d’ingresso fu ridotta.
Infatti i due bracci laterali della prevista croce latina non furono mai costruiti. Continuando ad attingere da un memoriale di don Luigi
……”Incontrai provvidenzialmente, tra i primi amatori di Ponza, il prof. Carlo Pieri di Roma, che stese il progetto; il soprintendente ai monumenti del Lazio prof. Terenzio, l’approvò e il mio caro maestro, mons. Salvatore Leccese di Gaeta, presidente della Commissione Diocesana per l’ Arte Sacra, incoraggiò la mia iniziativa.”
Nel 1941 riesce ad iniziare i lavori ed al grido “una pietra per ogni persona” riesce a coinvolgere la comunità parrocchiale alla costruzione della nuova navata della chiesa. Quando un bastimento carico di pietre, per l’ampliamento della chiesa, arrivava in porto, bisognava scaricarlo. A quel punto in parroco inviava un gruppo di chierichetti o comunque ragazzi che frequentavano la parrocchia in giro per le strade del paese a chiamare a raccolta i fedeli, suonando una campanella, e cantando una strofetta in dialetto:
Chi nun vo’ vede ‘ miseria
Porta i’ pprete a San Silverio.
Una teoria di volontari, uomini, donne e fanciulli, di ogni ceto sociale trasportavano a
spalla pietre per la chiesa, e don Luigi sulla porta della chiesa benediceva ed
incoraggiava i volenterosi.
oppure
Currite femmene du cuntuorne
che ll’ummene fanno scuorne
Quando capitava che l’afflunza di volontari uomini fosse più bassa del solito.
Terminati i lavori di ampliamento………”s’imponeva quello di decorazione,e pensai con essa di rendere omaggio al Sommo Iddio, alla Madonna e ai Martiri nostri….Mi proposi insomma di riprodurre nella chiesa una decorazione didattica o didascalica la quale potesse riuscire comodissima al sacerdote, che, nei suoi catechismi ai piccoli e agli adulti, si poteva riferire a queste singolari rappresentazioni murali”…..