di Rita Bosso
Molto Reverendo,
sabato 7, ricorre il secondo annuale della morte di mio figlio Bruno, caduto nel cielo di Pisa.
Vi prego di celebrare una Messa in suffragio della sua anima.
Sono le prime righe della lettera che Benito Mussolini, prigioniero a Ponza da nove giorni, scrive al parroco Dies.
L’ex duce ha esperienza di prigionie: è stato in carcere insieme a Nenni, ha mandato in carcere o al confino decine di migliaia di persone. Sa bene che un prigioniero non può scrivere liberamente; sa a quali regole devono sottostare l’invio e la ricezione di posta.
Il luogo in cui egli è tenuto prigioniero deve restare segreto; Hitler ha ordinato di trovarlo e liberarlo, le ricerche dell’intelligence tedesca a Roma sono affannose e infruttuose, Kappler telegrafa continuamente a Berlino ma solo il 2 agosto può annunciare che l’ex duce è a Ponza.
Mussolini non è uno sprovveduto che, scrivendo e facendo recapitare una lettera, commette una leggerezza; sta inoltrando corrispondenza clandestina e ne è pienamente consapevole; conosce i rischi a cui si espone e a cui espone altre persone.
La scorta è complice o distratta e, in entrambi i casi, ha forti responsabilità.
Se la lettera fosse scoperta, la scorta dovrebbe risponderne. È una scorta straordinariamente benevola con il prigioniero; esprime ammirazione e, addirittura, devozione nei confronti dell’ex duce. Perché rischiare di perderla, di vederla sostituita da una meno comprensiva? L’uomo che fa da messaggero -un ufficiale o un sottufficiale dei carabinieri, secondo Corvisieri- sa di rischiare grosso, tanto più che sull’isola c’è anche un commissario di pubblica sicurezza con cui c’è forte antagonismo.
Quanti rischi, e quanto elevati, per la celebrazione di una messa in suffragio!
Non basterebbe una richiesta verbale? O, tutt’al più, un anonimo biglietto di accompagnamento all’offerta in danaro che, se scoperto, non comprometterebbe nessuno? Perché riempire due facciate, in gran parte con considerazioni su un libro? Forse per rendere possibile una comparazione, se non una vera e propria analisi grafologica?