di Rita Bosso
Pubblichiamo un racconto che, per motivi di spazio, non è stato inserito nel volume RACCONTI DEL PORTO, che vi ricordiamo è in vendita a 4 euro
Tra qualche anno lei camminerà da sola lungo il molo, una scatola tra le mani, un sorriso malinconico sul viso, la pelle tesa a catturare il sole pallido di novembre.
Accadrà tra qualche anno, non adesso.
La barca dei Morganti adesso è ormeggiata al molo. C’è stata una lunga trattativa con la capitaneria di porto per ottenere l’attracco, alla fine il permesso è stato accordato “per motivi di sicurezza”.
Vale a dire che Giulio Morganti festeggia il compleanno, ci sarà un vai e vieni di invitati eccellenti ed è meglio per tutti se l’Octopus è ormeggiato al molo anziché a uno dei pontili privati oppure in rada.
Vale a dire che una cassa di Veuve è appena stata depositata in capitaneria.
Vale a dire che Morganti senior, seduto nel pozzetto di poppa, scaccia come una mosca fastidiosa il ricordo delle prime volte che è arrivato sull’isola, sbarcando da un traghetto tra la folla, fittando due sdraio e un ombrellone per fare un bagno tra la folla, cenando tra la folla al ristorante meno caro.
Vale a dire che una parte di molo questa sera è proprietà privata dei Morganti. Su una zattera ormeggiata di fianco all’Octopus è stato allestito un catering discreto, il chitarrista sembra essere lì per caso, qualcuno balla sul molo, a mezzanotte la torta arriverà dal mare sul tender, tres chic secondo un’invitata bionda vintage.
Lui non è uno del giro dei Morganti, decisamente.
Se lo fosse, smetterebbe di fissarla come la fissa, sin da quando è arrivato.
Se lo fosse, stringerebbe mani e chiacchiererebbe di vini, di finanza e di barche con gli altri ospiti, per allacciare legami nuovi e rinsaldare i vecchi.
Se lo fosse, eviterebbe di domandarle se le vanno quattro passi lungo il molo, di farla scendere scalza dalla barca; eviterebbe di trascinarla via dalla festa di compleanno del marito; eviterebbe di riportarla indietro un’ora dopo, quando il tender accosterà alla murata con una torta gigantesca.
Papà Morganti li ha visti allontanarsi, ha seguito l’abito a rete verde di lei fino a quando ha potuto, poi ha seguito la camicia bianca di lui, li ha visti percorrere il molo, la darsena del Mamozio, le banchine e, finalmente, tornare, tornare in tempo per il taglio della torta, per le foto, per gli auguri e per il brindisi; papà Morganti la chiama e la abbraccia e la spinge verso Giulio e tutto va come deve andare, la torta fa la sua salita scenografica dal tender al pozzetto e poi gli applausi, le foto, la musica, la luna e il cielo stellato d’agosto: una magnifica memorabile serata.
Qualche anno dopo lei camminerà da sola sul bordo del molo e patteggerà con se stessa un altro giro, solo un altro, dal Lanternino al Mamozio, dal Mamozio alla Punta Bianca: un altro giro, come una bambina al lunapark. Tra qualche anno.
Adesso lei è sul ponte in tek dell’Octopus, la barca si culla dolcemente in rada.
Poche ore fa ha camminato con uno sconosciuto lungo il molo, a piedi nudi, hanno scambiato poche parole, molti silenzi, hanno ascoltato rumori di una festa lontana, sempre più lontana, che si stava svolgendo a pochi passi da loro. Poche ore fa il mare giocava con le chiglie delle barche, scherzava, saltellava, proprio come fa adesso con la chiglia dell’Octopus ormeggiato in rada. Il mare ride, Sei ancora qui?, dice, Che aspetti?
Il primo a svegliarsi, a salire sul ponte è suo figlio; si lagna perché ha dormito male.
-Io non ho chiuso occhio- lei dice.
-Dove andremo oggi? Io vorrei andare a Ventotene- Lorenzo propone.
–Dipende dal mare– lei dice.
-Dipende dal nonno- pensa.
–Ieri sera ho camminato il porto scalza, ho sentito le sue pietre e i passi di chi le ha camminate prima di me, ho sentito il calore che il sole vi ha depositato durante il giorno, le piogge che le hanno levigate.
–Davvero ma’? Davvero hai sentito tutte queste cose, ieri sera? Adesso giochiamo a pesciolino nell’acquario?
Adesso Lorenzo è in Cornovaglia con gli amici.
L’Octopus è stato venduto subito dopo la morte del vecchio.
Giulio ha preso un mas in Provenza e trascorre lì l’estate con la sua seconda moglie e i loro bambini.
–Tranquilli, litigatevi le ferie che io, le vacanze in estate, manco se mi pagano- lei dice.
–Noi poracci invece paghiamo per una settimana al mare, e pure parecchio- ribatte l’infermiera.
–Ma anch’io sono una poraccia, una poraccia di ritorno.
–Sì dottore’, ma coi vizi di ex moglie ricca. Faccio entrare il prossimo? È un paziente di Chiodi.
–Vabbè, fa’ entrare il prossimo. Poverino, non gli restano troppe vacanze, guarda ‘sta Tac: il polmone destro è completamente andato e le metastasi sono dovunque.
Allora era meno magro, aveva i capelli sale e pepe ed era abbronzato.
–Sapevo che ci saremmo ritrovati– lui dice.
Lei mette via la Tac, dopotutto è un paziente di Chiodi che la prossima settimana torna dalle ferie.
–Era proprio necessario tornare per il taglio della torta, riprenderci le scarpe e tutto il resto? -lui chiede.
–Se me lo avessi chiesto, io non sarei tornata.
–Te l’ho chiesto un’infinità di volte, in questi anni. Dovunque tu fossi, qualunque cosa stessi facendo, io ogni sera ti ho chiesto di esserci.
-Lo so. Ci sono. Adesso.
Adesso è ottobre e il molo è deserto, porte dei negozi e dei bar sbarrate, barche tirate a secco.
–Riportami sull’isola– lui ha chiesto, e ha firmato le carte affinché le fosse consegnata la cassettina con le ceneri.
Un gabbiano volteggia e forse la guarda mentre, lentamente, si toglie le scarpe, apre la scatola e ne versa il contenuto in mare.