Per la primavolta oggi pubblico una fiaba, la seconda parte e quella in versidialettali. Si tratta di una fiaba ponzese, che vorrei dedicare a mio nipote Christian – che ama leggere – e a tutti i bambini di Ponza. Buona lettura.
I disegni originali sono di Publia Cruciani
La Leggenda di Sennone – Parte 2^
Passò subito all’azione. Per prima cosa rinchiuse la principessa nella sua stanza serrando porte e finestre con grossi catenacci: impedendo così ai due di vedersi.
Ma nè Sennone nè Biancaluna si arresero. Lui tutte le sere cantava sotto la finestra della sua bella, che lo ascoltava e si struggeva dietro le finestre chiuse. Visto che i catenacci non bastavano, il Re fece costruire un muro di pietra davanti alle finestre per impedire che la principessa potesse sentire il canto del suo amato. Ma anche questo provvedimento fu inutile, la voce del giovane oltre che soave era anche potente e superava la barriera di pietra.
A questo punto il re, dopo essersi consultato con il suo gran ciambellano Capizzir, fece imprigionare Sennone e lo rinchiuse in una cella sotterranea nel punto più profondo del castello. Ma anche questo fu inutile, la voce di Sennone arrivava comunque dalla principessa Biancaluna, che piangeva tutto il giorno per il suo amato prigioniero. Al re non restò altra soluzione che condannarlo a morte.
Saputa la notizia la principessa Biancaluna si gettò ai piedi del padre per implorarlo di salvare la vita del suo amore. Il re era combattuto tra il desiderio di sbarazzarsi di quel giovane pescatore che stava mandando all’aria i suoi progetti matrimoniali su Biancaluna e l’amore per la sua unica adorata figlia. Convocò il gran consiglio dei saggi del regno per trovare una soluzione. Quei sapientoni dai bianchi barboni scrissero su di un foglietto il seguente verdetto : “ Al giovine Sennone sia data un’occasione di ribaltare la sua situazione. Sia inviato sull’isola Serpentara e se fosse ritornato la principessa avrebbe sposato.” Il re accettò il verdetto, ma sotto i baffi gli scappò un sorrisetto: Il verdetto era come una condanna a morte. Nessuno mai era sopravvissuto più di un giorno su quell’isola maledetta infestata da migliaia di serpenti feroci. Anche Sennone e Biancaluna, accettarono il verdetto perché era accompagnato dalla promessa del re che avrebbe consentito al matrimonio se fosse riuscito a ritornare sano e salvo dopo un certo periodo da passare sull’isola.
Una volta sbarcato sull’isola Serpentara, con serpenti in ogni dove, Sennone capì subito che sarebbe andato incontro a morte certa, se non lo avesse soccorso qualche idea geniale. A causa dei serpenti il povero Sennone era costretto a starsene sempre in riva mare. Un giorno per ingannare la noia intonò una canzone e cominciò a muoversi a tempo di musica roteando sulla testa un nodoso bastone di cui si era munito per difendersi da quei feroci rettili. Notò che i serpenti accorrevano in gran numero e si fermavano come ipnotizzati ad una certa distanza da lui. Quando però cessava il canto quelli lo assaltavano e lo costringevano a trovare scampo tuffandosi in mare. Fu allora che gli venne in aiuto la sua genialità. Si mise a cantare a squarciagola e roteare il bastone senza smettere fino a quando non accorsero tutti i serpenti dell’isola. Quando fu certo che c’erano proprio tutti, si tuffò nel mare continuando a cantare e muovere il bastone; quelli, innamorati del suo canto lo seguirono finendo tutti miseramente annegati.
Sull’isola non rimase più neanche un serpente e da allora non ce ne sono stati mai più. Da quel giorno in poi i serpenti non hanno più le orecchie. Mehen, il dio dei serpenti, non le fece più crescere, per evitare che altri serpenti potessero ancora essere uccisi ammaliati dalla melodia.
Sennone tornò sull’isola maggiore sano e salvo, il re Farfaglione mantenne la promessa e così potè sposare la principessa Biancaluna. Fecero una grande festa a cui, seduto al posto d’onore, partecipò anche il vecchio Gavone, nonno di Sennone, vestito elegante come un gran signore. Sennone e Biancaluna vissero felici e contenti, ebbero molti figli e alla morte di re Farfaglione, diventarono il re e la regina dell’isola di Ponza.
In onore di Sennone l’isola Serpentara prese il nome di Zannone.
Fu così che da allora a Zannone non ci sono più serpenti di alcun tipo ma solo lucertole tra cui quella verde a pois tipica solo di Zannone
Fine…….
e adesso in dialetto, in versi
***
‘O cunto ‘e Sennone
C’è steva ‘na vota…
‘nu viecchie e ‘na vecchia
che ballavano ‘ncoppa a ‘nu specchio
che ballavano ncoppe a ‘nu monte
statte zitte che mo’ tu conte,…
2
‘Inte a nu tiempe assaje luntane,
ch’a ancora c’è stevene ’e sirene
‘ncoppa a n’isola allunata
a miezze ‘o mare arravugliata
c’è steva ‘nu bello guaglione
ch’e nomme faceva Sennone.
3
‘Nzieme ‘o nonno faceva o piscatore,
ma era ‘o cchiù meglie cantatore.
A voce teneva accussì affatata
ch’a principessa s’annammuraje
s’annammuraje accussì forte
che ‘o Re ‘nzerraje feneste e porte.
4
Nun vuleva che ‘o piscatore
putesse diventà n’imperatore
perciò ‘nzerraje feste e porte
e ‘nzerraje sempe cchiù forte.
Ma ancora n’era stata ‘nventata
‘na maschiatura p’a voce affatata.
5
‘A principessa sempe chiagneva
mentre ‘o Re se dispevava,
se disperava tante forte
che scassaje mur’e porte.
A morte Sennone cundannaje,
m’a principessa s’addunucchiaje.
6
E per suo amore ‘o Re ‘o graziaje
Ma ncoppa ‘a n’isola ‘o cacciaje.
C’è steven’ e casa sule serpiente,
assaj fureste e sempe affamate.
Sennone era ‘na bona marenna?
Ma isso nun se vuleva arrenne!
7
Se na brutta fine nun vuleva fà
vicin’ o mare aveva stà
e sempe a cantà pe’ se salvà.
Biancaluna vuleva spusà?
‘na bella penzata avette fa:
a mmare cantanne s’avette jettà.
8
I sierpe abbabbiati da voce affatata
a mmare ‘o sucutajne senza natà
e ‘na mala fine fernettene e fà.
Manco nu serpe se putette salvà!
Di sierpe l’isola se liberaje
E Sennone se ne turnaje.
9
Doppe tante patimiente
Se spusajne finalmente
Fui festa grande in alleria
senza sierpe pe’ cumpagnìa,
pe’ Sennone e Biancaluna,
longa vita…e accussì sia.
Franco Schiano
Passò subito all’azione. Per prima cosa rinchiuse la principessa nella sua stanza serrando porte e finestre con grossi catenacci: impedendo così ai due di vedersi.
Ma nè Sennone nè Biancaluna si arresero. Lui tutte le sere cantava sotto la finestra della sua bella, che lo ascoltava e si struggeva dietro le finestre chiuse. Visto che i catenacci non bastavano, il Re fece costruire un muro di pietra davanti alle finestre per impedire che la principessa potesse sentire il canto del suo amato. Ma anche questo provvedimento fu inutile, la voce del giovane oltre che soave era anche potente e superava la barriera di pietra.
A questo punto il re, dopo essersi consultato con il suo gran ciambellano Capizzir, fece imprigionare Sennone e lo rinchiuse in una cella sotterranea nel punto più profondo del castello. Ma anche questo fu inutile, la voce di Sennone arrivava comunque dalla principessa Biancaluna, che piangeva tutto il giorno per il suo amato prigioniero.
Al re non restò altra soluzione che condannarlo a morte.
Saputa la notizia la principessa Biancaluna si gettò ai piedi del padre per implorarlo di salvare la vita del suo amore. Il re era combattuto tra il desiderio di sbarazzarsi di quel giovane pescatore che stava mandando all’aria i suoi progetti matrimoniali su Biancaluna e l’amore per la sua unica adorata figlia. Convocò il gran consiglio dei saggi del regno per trovare una soluzione. Quei sapientoni dai bianchi barboni scrissero su di un foglietto il seguente verdetto : “ Al giovine Sennone sia data un’occasione di ribaltare la sua situazione. Sia inviato sull’isola Serpentara e se fosse ritornato la principessa avrebbe sposato.”
Il re accettò il verdetto, ma sotto i baffi gli scappò un sorrisetto: Il verdetto era come una condanna a morte. Nessuno mai era sopravvissuto più di un giorno su quell’isola maledetta infestata da migliaia di serpenti feroci.
Anche Sennone e Biancaluna, accettarono il verdetto perché era accompagnato dalla promessa del re che avrebbe consentito al matrimonio se fosse riuscito a ritornare sano e salvo dopo un certo periodo da passare sull’isola.
Una volta sbarcato sull’isola Serpentara, con serpenti in ogni dove, Sennone capì subito che sarebbe andato incontro a morte certa, se non lo avesse soccorso qualche idea geniale.
A causa dei serpenti il povero Sennone era costretto a starsene sempre in riva mare. Un giorno per ingannare la noia intonò una canzone e cominciò a muoversi a tempo di musica roteando sulla testa un nodoso bastone di cui si era munito per difendersi da quei feroci rettili. Notò che i serpenti accorrevano in gran numero e si fermavano come ipnotizzati ad una certa distanza da lui.
Quando però cessava il canto quelli lo assaltavano e lo costringevano a trovare scampo tuffandosi in mare. Fu allora che gli venne in aiuto la sua genialità.
Si mise a cantare a squarciagola e roteare il bastone senza smettere fino a quando non accorsero tutti i serpenti dell’isola. Quando fu certo che c’erano proprio tutti, si tuffò nel mare continuando a cantare e muovere il bastone; quelli, innamorati del suo canto lo seguirono finendo tutti miseramente annegati. Sull’isola non rimase più neanche un serpente e da allora non ce ne sono stati mai più. Da quel giorno in poi i serpenti non hanno più le orecchie. Mehen, il dio dei serpenti, non le fece più crescere, per evitare che altri serpenti potessero ancora essere uccisi ammaliati dalla melodia.
Sennone tornò sull’isola maggiore sano e salvo, il re Farfaglione mantenne la promessa e così potè sposare la principessa Biancaluna.
Fecero una grande festa a cui, seduto al posto d’onore, partecipò anche il vecchio Gavone, nonno di Sennone, vestito elegante come un gran signore.
Sennone e Biancaluna vissero felici e contenti, ebbero molti figli e alla morte di re Farfaglione, diventarono il re e la regina dell’isola di Ponza.
In onore di Sennone l’isola Serpentara prese il nome di Zannone.
Fu così che da allora a Zannone non ci sono più serpenti di alcun tipo ma solo lucertole tra cui quella verde a pois tipica solo di Zannone
fs
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O cunto e Sennone
C’è steva na vota…
nu viecchie e na vecchia
che ballavano ncoppa a nu specchio
che ballavano ncoppe a nu monte
statte zitte che mo tu conte,…
2
‘Inte a nu tiempe assaje luntane,
ch’a ancora c’è stevene ’e sirene
Ncoppa a n’isola al’lunata
a miezze o mare arravugliata
c’è steva nu bello guaglione
ch’e nomme faceva Sennone.
3
‘Nzieme o nonno faceva o piscatore,
ma era o cchiù meglie cantatore.
A voce teneva accussì affatata
ch’a principessa s’annammuraje
s’annammuraje accussì forte
che o Re nzerraje feneste e porte.
4
Nun vuleva che u piscatore
putesse diventà n’imperatore
perciò nzerraje feste e porte
e nzerraje sempe cchiù forte.
Ma ancoran’era stata ‘nventata
na maschiatura p’a voce affatata.
5
A principessa sempe chiagneva
mentre o Re se dispevava,
se disperava tante forte
che scassaje mur’e porte.
A morte Sennone cundannaje,
ma principessa s’andunucchiaje.
6
E per suo amore O Re ‘o graziaje l’(accuntentaje)
Ma ncoppa a n’isola o cacciaje.
C’è steven’ e casa sule serpiente,
assaj fureste e sempe affamate.
Sennone era na bona marenna?
Ma isso nun se vuleva arrenne!
7
Se na brutta fine nun vuleva fà
vicin’ o mare aveva stà
e sempe a cantà pe’ se salvà.
Biancaluna vuleva spusà?
na bella penzata avette da fa:
a mmare cantanne v’avette jettà.
8
I sierpe abbabbiati da voce affatata
a mmare o sucutajne senza natà
e na mala fine fernettene e fà.
Manco nu serpe se putette salvà!
Di sierpe l’isola se liberaje
E Sennone se ne turnaje.
9
Doppe tante patimiente
Se spusajne finalmente
Fui festa grande in allegria
senza sierpe pe’ cumpagnìa,
pe’o Re e a Regina longa vita…e accussì sia.