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Cuncettona - Racconto - Ass. Cala Felci

Cuncettona – Racconto

Questo breve racconto, basato sui ricordi familiari di Massimo Casalino, vuole rendere omaggio a sua nonna Concetta Feola, detta Cuncettona e con essa a tutte le donne ponzesi, che si sono sacrificate per la loro famiglia e per l’isola nostra.

“O’ Fèlice”, come viene chiamato dai ponzesi, per via di alcune piante di felce in bella mostra a pochi passi dal mare, è una baia meravigliosa. Sotto lo strapiombo di una falesia dai colori fantasmagorici ci sono cinque spiaggette di cui una, la più grande, è ben visibile dal mare, mentre le altre – minuscole con poca sabbia e tante pietruzze levigate dai colori e forme incredibili – sono più nascoste tra le rocce e dal mare si intravedono appena. Il mare della baia riflette tutti i colori della falesia che vanno dal giallo ocra al giallo chiaro, dal grigio perla al grigio antracite, dal bianco latte macchiato al bianco panna, dal rosso sangue al rosa sfumato e ancora arancione, terra di Siena, smeraldo…Tutto questo, insieme ad un’atmosfera particolare che le mie povere parole non potranno mai descrivere, fanno di questa piccola insenatura uno degli angoli più affascinanti di Ponza. Mi è sempre piaciuto andare a Cala Felci e non solo per la sua indiscutibile bellezza. Laggiù c’è qualcosa di magico, di arcano che impregna l’aria: lo sento, lo respiro tutte le volte che ci vado. L’anima è come rapita, la mente si astrae dalla realtà, la fantasia galoppa. E poi i ricordi! Non so dire il perchè, ma quando sto a Cala Felci come per una magia del luogo, la scatola dei miei ricordi si apre e mi tornano in mente fatti e personaggi che sembravano coperti per sempre dalla polvere del tempo…

Ero, avvolto dal sole, steso sul prendisole della mia barchetta ancorata nella baia felice come qualcuno l’ha inconsciamente ribattezzata – traducendo male in italiano il ponzese fèlice. Il mio sguardo non so perchè era attirato da quel tratto della falesia che si vede a sinistra della baia guardando dal mare. Quella che brillava con tutte le sfumature del giallo e nella quale s’intravedeva, circa a mezza costa, l’imboccatura quasi del tutto ostruita di quella che sembrava un grotta, un cuniculo, un anfratto o qualcosa del genere. La mia mente continuava a seguire aggrovigliati sentieri che finivano col portarmi invariabilmente davanti a quell’antro del quale non riuscivo ad afferrare il mistero. Mi addormentai cullato dalle onde e mentre mi abbandonavo nelle braccia i Orfeo mi sembrò che il ritmico sciabordio del mare contro lo scafo, cantasse na Canzucella – sulle note del famoso motivetto di “Ma le gambe” che negli anni 40 cantava il Trio Lescano – che faceva così: Con Fedele Presidente e Savelli l’ingegner, lavoriam con fede ardente per l’autarchico mister. Bentonite minerale dell’Italia industriale, la scaviamo al pozzo in fondo per fornire tutto il mondo. Bentonite minerale tu benefica sei stata, non più esuli i pontini ma nell’Italia di Mussolini…

Lo stesso motivetto che cantava Cuncettona con la sua voce sottile, quasi infantile, in palese contrasto col suo fisico tendente al giunonico.

Guidava un gruppetto di tre donne che portavano fuori dalla galleria sperimentale di Cala Felci il minerale scavato dagli uomini in fondo a quel piccolo pozzo. Cuncettona all’anagrafe Concetta Feola, originaria della zona di Forna Grande, era una delle 120 donne ponzesi che negli anni della guerra lavoravano nella Miniera della Società mineraria SAMIP fondata nel 1935 dall’ ingegner Francesco Savelli. Il compito delle donne che lavoravano i miniera era quello di trasportare all’aperto il carrello che gli uomini avevano scavato e riempito in galleria. Materiale che poi veniva essiccato al sole dopo che altre donne l’avevano frantumato in piccoli pezzi. In quegli anni mentre il paese era in guerra, la società stava sviluppando un programma di sondaggi alla ricerca di nuovi filoni di caolino e bentonite ed aveva individuato in quella roccia giallastra di Cala Felci la possibilità di trovare una nuova qualità di caolino giallo. Cuncettona, famosa per la sua forza – si dice che facesse il lavoro di tre uomini – fu aggregata alla squadra speciale che fu organizzata per effettuare tutta una serie di sondaggi in varie zone di Le Forna. E fu nell’ambito di questo programma che la squadra speciale – per un breve periodo – operò anche a Cala Felci aprendo anche qui una galleria sperimentale nonostante le palesi difficoltà di accesso del luogo. Per fortuna il minerale non risultò della qualità sperata e così Cala Felci si salvò dallo scempio.

La prima ad esserne felice fu proprio la nostra Cuncettona che aveva sempre amato quell’angolo di paradiso .

Cuncettona all’epoca degli scavi aveva circa 43 anni. Quando ne aveva circa 30 conobbe Renato Casalino – un falegname gallipolino sbarcato a Ponza non si sa per quale misterioso destino – che poi divenne suo marito. Lui aprì una falegnameria sulla Chiesa (dove ora c’è il Tartaruga Pub) e vissero a Ponza fino al 1938, quando decisero di trasferirsi a Gallipoli insieme ai tre figli nati nel frattempo. Allo scoppio della guerra Renato fu mandato al fronte e Concetta decise di tornare con i figli a Ponza e andò ad abitare in una casa sopra i Conti. Cuncettona più anziana

La necessità della guerra la costrinse ad andare a lavorare in miniera e per di più era incinta del quarto figlio. Già arrivare sul posto di lavoro era un’impresa. Concetta aspettava due sue compagne che venivano dalla zona dei Conti, Dora e Stella detta Stellona e una terza Clorinda che arrivava dal Porto. Alle cinque del mattino già erano in cammino per raggiungere a piedi il posto di lavoro, dove le aspettava una dura giornata che andava dalle sei del mattino alle sei di sera: undici ore di turno massacrante, con una pausa di pochi minuti alle nove per la colazione e un’ora a pranzo.

Quando nacque l’ultimo figlio, poiché per andare a lavorare non era possibile passare tutto il tempo con il neonato, lo affidava alla custodia ai figli più grandi che per calmargli i morsi della fame in attesa del ritorno della mamma gli davano da succhiare la cosiddetta “pupattella” ( una pezzuola con dentro un cucchiaino di zucchero legata come una caramella con la quale il neonato tirava avanti tutta la giornata).

Un glaucoma mal curato in guerra rese presto completamente cieco e quindi invalido il marito Renato per cui Cuncettona fu costretta per tirare avanti la famiglia a continuare a lavorare in miniera per circa 20 anni , dove tenuta in buona considerazione. Era particolarmente fiera del pacco natalizio che in occasione delle festività natalizia l’azienda usava regalare ai propri dipendenti e che lei portava a casa come un trofeo.

Una vera eroina ponzese che con quattro figli e un marito invalido, trovava anche il tempo di coltivare l’appezzamento di terreno intorno casa e allevare qualche pecora per il latte. Inoltre era molto brava ad aggiustare le pentole di coccio allora molto usate.

Concetta Feola detta Cuncettona è morta a 82 anni e anche lei negli ultimi anni – come il marito – diventò cieca .

fs

Cuncettona la famiglia

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